Un’altra idea dell’Italia

di Ezio Mauro, La Repubblica

Il presidente Mattarella rilancia il Paese silenzioso e i giovani che sanno capire prima i rischi e le opportunità delle sfide mondiali

Un cambio di prospettiva, dunque, nel discorso di Capodanno, seguito da dieci milioni di italiani, come se ci fosse all’improvviso bisogno di un pensiero repubblicano, di un’altra idea d?Italia.

E di conseguenza, un passaggio di responsabilità.

Tocca alla società civile farsi soggetto del cambiamento, non solo alla società politica.

Di fronte alla complessità dei problemi, e alla loro dimensione globale, la semplificazione populista ha prosciugato l sua stessa fonte, e poggi anche il risentimento vuole politica, perché trasformarsi in antipolitica non è più sufficiente. La fase chiede che il cosiddetto Paese reale svolga il suo compito civile, colmando finalmente gli spazi civici desertificati nel ventennio.

Naturalmente questo non significa assolvere il mondo politico e istituzionale, perché la democrazia nella materialità quotidiana deve recuperare una sua efficacia, tornando a incidere nella vita concreta dei cittadini, esposti agli effetti della crisi più pesante del secolo.

A partire dai problemi che indeboliscono l’Italia, e che Mattarella ha enumerato, dalle disuguaglianze trasformate in esclusioni, alle crisi aziendali, a una base produttiva da rinsaldare e riconvertire, alla mancanza vera e propria di lavoro, cioè dello strumento democratico capace di creare società e cittadinanza.

Tuttavia è il momento per la società di tornare ad avere fiducia in se stessa, sapendo che fiducia e speranza generano responsabilità, restituiscono coesione, difendendo così le libertà di tutti.

C’è una leva che può essere usata a questo fine, ed è “l’Italia silenziosa che non ha mai smesso di darsi da fare” e che nelle emergenze rivela veri e propri eroi civili, cittadini anonimi che scelgono la solidarietà e il bene comune anche a costi personali altissimi. L’altra leva sono i giovani, che sanno capire prima e meglio le opportunità e i rischi delle sfide globali (prima fra tutte quelle del mutamento climatico), e ai quali la responsabilità va finalmente affidata, e non solo richiesta.

Il circuito democratico tra popolo, istituzioni e potere non è a senso unico, dopo un’intera stagione trascorsa a scaricare tutte le colpe sulla politica, il Parlamento e i partiti: perché, avverte il capo dello Stato, è proprio il comune sentire della società che si riflette sulle istituzioni, le influenza, e – potremmo aggiungere – alimenta lo spirito repubblicano trascurato nel decennio e abusivamente sostituito dall’egoismo del nazionalismo sovranista.

Così, inevitabilmente, emerge un nuovo profilo del Paese e dell’identità nazionale, troppo spesso brandita come un’arma a guardia della separazione della differenza ostile.

Nel mondo, ricorda Mattarella, l’Italia per geografia e per tradizione è vista come “punto d’incontro” tra l’Europa e le culture e le civiltà di altri continenti.

Questa è la vicenda della nazione, e la coscienza politica di questa condizione storica è un elemento

del senso civico da ricostruire per bloccare “aggressività, prepotenza, meschinità che lacerano la convivenza”. Sono il riconoscimento ed il rispetto dei diritti nostri ed altrui che rendono la società più sicura, perché i diritti camminano, e nel loro percorso alzano la cifra comune, della democrazia, di cui usufruiamo tutti.

Tant’è vero, avverte il presidente, che “quando perdiamo il diritto di essere differenti, perdiamo il privilegio di essere liberi”.

Un discorso che può essere inteso come partigiano solo da chi considera di parte la Costituzione.

E si capisce che Salvini lo abbia subito attaccato come “mellifluo, incolore indolore, insapore”, mentre affida a se stesso il compito supremo di “restituire agli italiani la libertà negata, con l’aiuto di Dio e del cuore immacolato di Maria”.

Una missione religiosa, sacra, addirittura divina, che suona come un involontario esorcismo populista contro il riemergere del senso civico e del patriottismo repubblicano, su cui si reggono le democrazie, costruzioni umane per la convivenza, non terre di crociate da redimere.

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