Rifugi

RifugiPer i giovani renitenti che devono essere nascosti vengono approntati dei rifugi. Sono soprattutto braccianti e contadini che li realizzano. Buche per terra abbastanza lontane dalle case coloniche e attrezzate con materassi e coperte, ma anche scavate nelle stalle sotto le poste degli animali. In città e paesi ci sono invece doppi solai e soffitte. La fantasia ravennate è ricca, le maestranze capaci.

Chi è nascosto è protetto da gente fidata. Ma la previdenza non è mai troppa quando si agisce dentro al nemico. Le famiglie coloniche sono numerose (capofamiglia, figli, nuore, nipoti, parenti e spesso anche degli sfollati) e pur involontariamente può scappare una notizia, così sono solamente in pochi che costruiscono il rifugio e sanno trovarlo nella campagna tra i filari di viti, a volte negli argini dei canali e dei fiumi, badando bene a non far riconoscere la terra smossa.

I rifugiati vanno sostenuti contro il freddo, evitato che si ammalino, alimentati come chi è di famiglia e rincuorati nei casi di depressione per l’isolamento (in questo particolarmente brave risultano le Azdore). I rifugi vengono aperti di notte e gli uomini escono dai nascondigli, camminano, mangiano, si muovono e s’informano sempre sulla guerra, chi è partigiano va in azione. Ma di pericoli ce ne sono sempre e anche di nuovi, come Pippo, un aeroplano ricognitore alleato che, già dai primi mesi del ‘44, perlustra le campagne e lascia cadere bombe, bengala e mitraglia al minimo movimento al suolo.

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