La mattina del Primo Maggio la popolazione trova volantini e manifesti che denunciano le nefandezze del Fascismo e del Nazismo, invitano alla lotta di liberazione e al sostegno ai partigiani; in cima a non pochi edifici pubblici di città e paesi sventolano bandiere rosse: gli uomini del CLN le hanno messe di notte.
I lavoratori mai hanno dimenticato la loro festa, soppressa da Mussolini perché accusata di essere espressione dei partiti di sinistra, e sostituita con il 21 aprile: Fondazione di Roma e insieme Festa del lavoro.
Anche negli anni del Regime più acclamato, il Primo Maggio viene clandestinamente onorato perché ha un valore evocativo delle lotte d’inizio secolo, quando le prime masse operaie e bracciantili s’impegnarono con gli scioperi per i diritti sociali, il suffragio universale, la scuola obbligatoria per tutti, una vita dignitosa indipendentemente dalle professioni.
È una festa con una componente sindacale e una politica. La prima basata su una parola d’ordine internazionale che vuole la giornata divisa in tre parti uguali, una di lavoro, una di riposo, una di sonno: Otto, otto, otto!
La seconda che considera il conflitto tra le classi sociali: sono sempre i lavoratori la prima fonte di ricchezza, loro trasformano i prodotti della natura in beni usabili e a loro, quindi, spetta il comando del paese, non ad altri, non alla borghesia capitalistica.
Però, nei giorni seguenti, nel borgo San Rocco di Ravenna, viene ucciso alle spalle il giovane Romolo Ricci, è preso di mira da un repubblichino della Brigata Nera mentre sta attaccando un manifesto antifascista. E a Massa Lombarda, vengono uccisi gli antifascisti Chiarini e Dalle Vacche.