I cattolici stanno attraversando un periodo confuso: da una parte ci sono quelli che seguono l’ufficialità della chiesa e con lei, e come lei, hanno sostenuto apertamente il Fascismo (almeno a partire dal 1929, quando Mussolini stipula i Patti lateranensi); dall’altra c’è, invece, un pensiero nuovo, ed è quello di una chiesa che riprende la linea del martire ravennate don Minzoni, quando accusa i proprietari terrieri per le poverissime condizioni di vita che impongono ai braccianti di Argenta, Longastrino, Campotto, Molinella.
È in questi mesi che in giovani antifascisti legati alle parrocchie prende forma l’idea di costruire una Terza via, ovvero un’organizzazione nuova posta tra socialismo e liberalismo, ritenuti entrambi contrari alla religione perché basati il primo sulla lotta di classe e il secondo su di un esasperato individualismo.
Don Mazzotti di Porto Fuori tiene i contatti con i giovani che scappano nelle plaghe della Raspona, e così fanno don Melandri e don Liverani in altre realtà; la loro è un’assistenza spirituale e materiale, nel senso di aiuti alimentari e vestiti.
Alcuni preti ricevono anche il riconoscimento di patrioti.
A Faenza accanto al Vescovo Battaglia si distingue monsignor Salvatore Baldassarri (futuro arcivescovo di Ravenna) che, coperto da un nome clandestino, ha contatti organici col CLN e tiene i collegamenti con i partigiani cattolici. A Piangipane, nella canonica di Silvio Danesi, vengono organizzate addirittura delle riunioni dei dirigenti della Resistenza.
Insomma, forte è in loro la rivolta morale verso chi ha voluto una guerra disastrosa. Non a caso troveremo numerosi sacerdoti chiamati a far parte delle giunte popolari, impegnati ad avviare la difficile fase della ricostruzione.