Di Massimo Gramellini
Ci sono giorni in cui mi domando perché gli ebrei d’Israele continuino a fidarsi di un incendiario come Netanyahu. Oggi è uno di quei giorni. L’uomo che occupa misteriosamente la poltrona che fu di giganti come Rabin e Golda Meir si è esibito in una specialità della politica nostrana: manipolare una disgrazia a fini di bottega per acquisire consensi attraverso l’odio. Solo che Netanyahu non è un Salvini qualunque. Avendo una sua cupa grandezza, ha scelto la Disgrazia con la maiuscola, l’Olocausto. Un materiale incandescente che ha maneggiato con stolida disinvoltura per sostenere che Hitler intendeva soltanto espellerli, gli ebrei, e fu indotto a bruciarli dal suggerimento del Gran Muftì palestinese che temeva il loro arrivo in Medio Oriente.
Lo sfondone storico è raccapricciante quasi come la tesi: il Führer e il Gran Muftì si conobbero alla fine del 1941, quando i campi di concentramento erano già operativi da un pezzo. Ma più raccapricciante ancora è il cinismo incosciente di chi utilizza la tragedia immane del proprio popolo per aumentare il carico di odio verso il nemico di oggi e, pur di riuscirci, è disposto ad alleggerire quello verso il nemico di ieri e di sempre, il nazismo che sterminò nonni e genitori dei suoi concittadini. Le precisazioni («non nego le responsabilità di Hitler») risultano patetiche. Il paradosso, ma anche l’unico raggio di luce in questa storia, è che a seppellire la boutade del primo ministro israeliano è stato il governo tedesco. Lo sterminio degli ebrei e il suo concepimento sono opera esclusiva dei nazisti, ha ricordato a tutti. Si spera anche al signor Neganyahu.