Estate 1944.
L’esercito alleato ferma la sua avanzata in Italia sulla linea gotica, mentre lancia nuove forze in massa sul nuovo fronte, quello della Normandia. Anche se nel centro-nord della penisola le grandi battaglie fra gli eserciti regolari sono rallentate, l’azione partigiana non si placa. La Resistenza italiana in questo periodo è molto forte e giunge a tenere costantemente occupate otto divisioni tedesche, oltre che i reparti della repubblica di Salò.
Il maresciallo Albert Kesserling, responsabile delle truppe naziste in Italia, non sostiene più questa situazione e decide di dare una dura lezione ai partigiani. Sono vari gli eccidi perpetrati in questa fase della guerra, ma il più sanguinoso si verifica nella provincia di Bologna, nel territorio compreso fra i comuni di Monzuno, Grizzana e Marzabotto.
In questa zona è da tempo attiva la brigata “Stella Rossa”, ed è per questo che a fine settembre Kesserling invia nella zona il maggiore Walter Reder, detto “il monco”. La mattina del 29 settembre, al comando del 16° battaglione Reichsfuhrer, Reder dà il via ad un enorme rastrellamento. Nella frazione di Casiglia la popolazione spaventata si raccoglie nella chiesa di don Ubaldo Marchioni. I nazisti irrompono senza indugi e uccidono il sacerdote insieme a tre anziani. Le altre 195 persone, tra cui molti bambini, vengono raccolte nel cimitero e sterminate con mitragliatrici e bombe a mano. È l’inizio della strage.
Le truppe tedesche perquisiscono ogni villaggio, ogni casa. Nessuno viene risparmiato. A Castellano una donna è catturata e fucilata insieme ai suoi sette figli. Diciannove sono i morti, fra donne e bambini, a Tagliadazza, mentre a Caprara le vittime sacrificali della spietata rabbia nazista sono 108. A Marzabotto vengono fatti saltare ponti, strade, chiese e scuole, oltre a centinaia di abitazioni.
La strage continua senza sosta fino al 5 ottobre. Il conto finale delle uccisioni ammonta a circa 770 morti, una vera ecatombe. L’eccidio per diverso tempo è tenuto nascosto e poi minimizzato dalle autorità nazifasciste, finché la verità non viene fuori nelle suo reali dimensioni.
L’esercito di Kesserling, fiaccato e tenuto a freno dalla resistenza partigiana che non riesce a stroncare, si vendica così sulle famiglie innocenti della campagna bolognese. La strage di Marzabotto passa tristemente alla storia come uno dei crimini di guerra più violenti e sanguinosi del secondo conflitto mondiale.
Al cimitero di Casaglia è posta una lapide in memoria dell’eccidio che colpì la popolazione inerme in quei giorni del 1944: «La nostra pietà per loro significhi che tutti gli uomini e le donne sappiano vigilare perché mai più il nazifascismo risorga».