La spallata del Senio

La spallata del Senio L’offensiva dell’8° Armata non prosegue fino al Ponte della Bastia, sul Reno, come da piano Bulow, ma si stabilizza lungo il corso del Senio.

Ravenna è libera, però, nella parte nord della sua provincia, l’occupazione continua e i tedeschi sfruttano gli alti argini di questo piccolo fiume e con manodopera coatta costruiscono bunker e fortificano.

Dei fascisti della X Mas sono rimasti solo alcuni reparti, la gran parte è fuggita nelle province repubblichine dell’alta Italia.

Così le popolazioni di Alfonsine, Lugo, Solarolo, Castel Bolognese, Riolo Terme, Casola Valsenio improvvisamente si trovano costrette a convivere con i soldati tedeschi e a subire la spogliazione dei beni, la cacciata dalle loro case, vandalismi e, soprattutto essendo sul fronte, i bombardamenti continui delle artiglierie e degli aerei alleati con morti e feriti (si pensi che ad Alfonsine, in quattro mesi di guerra, vengono lanciate in media 600 granate al giorno che causano ben 331 morti).

In questa nuova realtà il comando partigiano, in stretta collaborazione con i vari CLN comunali, quasi ovunque, impegna le sue forze per raccogliere e organizzare lo slancio di solidarietà che la maggioranza dei cittadini sente il bisogno di esprimere. Si costituiscono perciò dei Comitati di Assistenza.

I componenti riescono a ottenere dei bracciali di riconoscimento dai tedeschi, con questi si muovono senza eccessivi controlli e procurano pane, carne, latte, medicinali; trasportano i feriti negli ospedali e raccolgono gli aiuti che arrivano dai comuni e dalle frazioni della Bassa Romagna, ancora lontani dal fronte.

Gli stessi bracciali, subito moltiplicati da bravissimi artigiani locali in grado d’imitarne i timbri, vengono usati anche per spostarsi a fini politici e tenere i contatti con i comandi partigiani (e pure per qualche azione militare, come far fuggire gli sfollati che i tedeschi incolonnano verso Ferrara).

Di notte, periodicamente, delegati del CLN partono dall’idrovora di Anita su di una barca manovrata da un esperto pescatore, attraversano la valle e arrivano al traghetto del Reno a Sant’Alberto, non lo passano perché lì vi trovano ufficiali della 28° Garibaldi convenuti all’appuntamento.

Danno tutte le informazioni sullo schieramento tedesco affinché vi siano le condizioni, logistiche e militari, atte a favorire il rapido passaggio del Senio e a interrompere il bombardamento alleato.

Per questi paesi sul fronte, oltre ai problemi della clandestinità per i giovani ve ne sono altri che colpiscono l’intera popolazione, come vincere il freddo, alimentarsi. E le famiglie prendono a vivere in gruppi numerosi in grandi stanze, a spartirsi ciò che hanno, a procurarsi sostentamento reciproco.

Opportuna diventa la vittoria della Battaglia del Grano (vedi scheda n° 33: La trebbiatura). I sacchi escono dai nascondigli e vengono portati nei mulini ancora funzionanti, come quello di Longastrino, e la farina che se ne trae è il primo e spesso solo sostegno per la popolazione. Sono le donne che in questo hanno maggiori incombenze e responsabilità. Loro si spostano tra le truppe tedesche e nascondono gli alimenti, cosa naturalmente meno pericolosa delle armi ma ugualmente seria, se si considera che i tedeschi stessi non hanno di che sfamarsi e razziano in ogni casa.

Finalmente il 10 aprile arriva la liberazione e finisce il martirio del comuni del Senio. Da questo momento l’avanzata alleata non si ferma più.

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