La RSI chiama tutti a riconoscersi nella vera Nazione fascista, finalmente realizzata perché gli italiani sono liberi dai condizionamenti della Corona. A tal fine il nuovo Mussolini riscopre il Programma di piazza San Sepolcro, e promuove la partecipazione dei lavoratori agli utili delle aziende private.
La reazione dei partiti del CLN è pronta e inizia l’opera di controinformazione, condotta da persone che si devono sempre più esporre in riunioni allargate.
L’argomento maggiormente usato nei confronti di chi è indeciso, ha dei dubbi o sente la costrizione, è che ogni sforzo lavorativo in più significa allungare i mesi di guerra e, quindi, il numero delle vittime; oltre al fatto che “Bisogna aprire gli occhi del tutto”; ovvero, per il Fascismo la scelta di coinvolgere i lavoratori è solo demagogica.
I partigiani lavorano bene e viene contattato Nullo Baldini (che rientrato in Italia aveva accettato la presidenza della Federazione delle Cooperative) per chiarimenti e per presentargli il nuovo ambiente ravennate, a lui sconosciuto nelle sue evoluzioni. Ma serve di più: l’azione politica tra la gente dev’essere della gente stessa, ovvero alle parole di principio e spesso manualistiche, va preferita la particolare attitudine alla sintesi che ha il pensiero popolare.
È l’uomo prestigioso che sta tra gli altri uomini che diventa, anche a sua insaputa, il Politico gramsciano, ovvero organico alla classe lavoratrice, e se è comunista al proletariato.
Per questo lavoro si pagano prezzi altissimi, come l’assassinio di Menotti Cortesi, per la strada, di sera: è un facchino attivista.
Tutti gli uomini in età che entro 3 giorni (dal 18 febbraio 1944) non si presentano ai carabinieri per entrare come militi nella RSI sono considerati dei disertori e, quindi, perseguiti e fucilati. È il nuovo precetto del generale Graziani e le famiglie rispondono con la paura per i propri cari. Chi ancora non si è deciso, o più semplicemente pensa di stare nascosto in casa, capisce che il pericolo è cresciuto e chiede aiuto per raggiungere zone lontane dalla città e dai paesi.
I partigiani intervengono con indicazioni, ma ritengono sia indispensabile affermare anche la loro forza: le azioni militari più significative di febbraio sono l’attacco di San Biagio, alla periferia nord di Ravenna, e la liberazione di Alfonsine dal presidio fascista.
Nella prima un gruppo di uomini, guidati dallo stesso Bulow, si avvicina al comando tedesco che ha sede a villa Ghigi. È armato di fucili e mitra leggeri. Attacca con pieno successo una pattuglia, facendo intendere che la presenza partigiana è ben determinata.
Ad Alfonsine le cose vanno diversamente.
Per far uscire i fascisti dalla Casa del Fascio (in piazza Vincenzo Monti) i partigiani progettano un attacco con una potente bomba e con gruppi appostati nei dintorni; ma l’esplosivo inumidito non scoppia, lo scontro è quindi solo con le armi leggere tra assediati e assedianti e si protrae per oltre due ore. Al mattino seguente i fascisti impauriti lasciano il paese, curioso è che diano la colpa a Corbari, secondo loro sceso apposta con il camion dalle montagne del forlivese per quell’azione.