La mappa mancante delle stragi naziste in ItaliaLa mappa mancante delle stragi naziste in Italia

Il feldmaresciallo Albert Kesselring (1885-1960)
Il feldmaresciallo Albert Kesselring (1885-1960)

Sembra incredibile, ma a settant’anni dai fatti, nonostante le centinaia di pubblicazioni, le mostre, le ricerche locali condotte dagli Istituti per il movimento di Liberazione, le commissioni d’inchiesta parlamentari, le commissioni internazionali, i processi, le inchieste giornalistiche… ebbene, nonostante tutto questo, non esiste ancora una mappa precisa delle stragi compiute dai nazisti contro i civili italiani tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945.

Gli episodi maggiori sono arcinoti, dalla rappresaglia delle Fosse Ardeatine del marzo 1944 agli eccidi di Monte Sole e Marzabotto, tra il 29 settembre e il 4 ottobre 1944, che con oltre 1.800 vittime, tra cui centinaia di bambini e donne, rimane l’episodio più cruento di questo tipo in tutta la guerra europea. Ma dalle maglie tessute dagli storici mancano tanti fatti minori, avvenuti per esempio al Sud.
Prendiamo queste considerazioni dal saggio dello storico Paolo Pezzino, La costruzione di una mappa complessiva delle stragi”, che fa parte del volume collettaneo “Le stragi nazifasciste del 1943-1945. Memoria, responsabilità e riparazione”, a cura dell’Anpi (Carocci, pp. 125, € 14). La regione più colpita dalla cruenta anabasi nazista dalle coste del Sud verso il Nord, fu la Toscana, che pagò con oltre 3.650 vittime civili. Ma più che il dato numerico, resta ancora aperto il problema interpretativo. Come giustificare tanta violenza? Secondo Roberto Vivarelli, che ha paragonato la violenza nazista a quella degli americani in Vietnam, tutte le guerre si somigliano; per Leonardo Paggi le stragi sono figlie di una cultura della morte gratuita e irrazionale; Pezzino invece sposa la tesi di Enzo Collotti sulla specificità della guerra nazista, e sull’importanza che nell’uccisione dei civili italiani ebbe il sistema di ordini impartiti all’esercito, a cominciare dalla direttiva di Kesselring del marzo 1944 che chiedeva alle truppe di far terra bruciata attorno ai partigiani. La maggior parte delle violenze non furono commesse per rappresaglia: erano crimini programmati. Aperta è anche la questione dei risarcimenti. Una questione ampiamente analizzata nel volume che ospita tra gli altri un saggio conclusivo del giurista e presidente dell’Associazione partigiani, Carlo Smuraglia.

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