Attacco al Palazzone

È l’alba del 23 aprile e una corriera blu, di quelle da trasporto civili, seguita da Attacco al palazzonedue camion arriva per la strada d’argine del canale di Fusignano, si ferma al Crociaio, scende un ufficiale della Brigata Nera e chiede informazioni a uno del posto: «Qual è la strada per arrivare al Palazzone?».

È in una landa estesa e silenziosa e cerca una casa colonica alta con stalla e molti animali (la costruirono quando lì c’era solo risaia e vi dormivano le mondine nei mesi del riso, era tanto imponente che finì per dare il nome a tutta la zona). L’ufficiale, ricevute confuse informazioni, riparte e, mentre la corriera e il primo camion, con i tedeschi e un cannoncino da campo, vanno per un largo giro, il secondo s’infila per una carraia che porta alla vicina Zanchetta, una casa agricola con stalla che resta sotto il comune di Alfonsine, seppur al limite.

Il giorno prima Revel (il responsabile di zona del CLN) aveva mandato la segnalazione che l’indomani ci sarebbe stato un rastrellamento nella Zona de’ Palaz e i partigiani Antonio Montanari, Aurelio Tarroni, Alfredo Ballotta per maggior precauzione avevano prelevato dei russi (nove), già scappati dai tedeschi e nascosti alla Zanchetta, li avevano trasferiti in località Passetto, oltre la strada Reale, e sistemati in un rifugio. Poi, gli stessi, erano tornati indietro, avevano riposto le armi in un posto sicuro ed erano andati a dormire nella stalla della Zanchetta che consideravano fuori dalla zona pericolosa, dove si trovava un prigioniero slavo che non sapevano e altra gente sfollata.

Le brigate nere irrompono nella stalla. Ballotta scappa ma viene ucciso nella campagna, Tarroni è ferito a una spalla, tutti gli altri vengono tratti come prigionieri e legati nel cortile.

Tarroni viene sottoposto a tortura: gli bruciano i piedi e lo calano su e giù nel pozzo con una corda, vogliono informazioni sul movimento partigiano. Passa il tempo ma inutilmente perché Tarroni non parla, allora prendono tutti gli uomini e partono per il Palazzone, dove certamente la corriera e l’altro camion sono già arrivati.

Lì c’è un gruppo del distaccamento partigiano Sauro Babini, che ha saputo per tempo del rastrellamento ma non vi ha dato eccessivo peso: altre volte notizie così sono giunte e poi nulla è successo.

Arrivano e vedono che c’è già stato uno scontro a fuoco e un fascista è stato ferito a un occhio dai partigiani che, con ogni probabilità, sorpresi nel sonno hanno avuto solo una modesta reazione. Per terra, tra la casa e la campagna, ci sono i corpi di Giulio Argelli, Giuseppe Ballardini, Severino Faccani, Giovanni Ferri, Francesco Martelli, Bruno Fiorentini.

Nessuno è ferito, tedeschi e fascisti sono andati per uccidere.

Iniziano un comportamento intimidatorio nei confronti degli uomini della Zanchetta che si sono portati dietro; li appoggiano al muro della casa e inscenano la fucilazione: una! Due! tre volte!

Pongono domande personali e sui partigiani, ma poi non badano alle risposte.

A fine giornata caricano sui camion tutti gli uomini superstiti e ripartono per una prima sosta a Lugo, poi una seconda e definitiva a Ravenna dove, nei giorni seguenti, fucilano Ettore Zalambani, il capofamiglia del Palazzone, il povero Tarroni, già stremato per ferite e torture, lo slavo Reper Janez. Fortunatamente, invece, Montanari (conosciuto per E’ Gag) e gli altri fanno appena 15 giorni di carcere.

Il perché di quest’azione sta nel disegno dei tedeschi e fascisti di uccidere i partigiani, certo, ma c’è anche l’intenzione di togliere quel sostegno che viene loro dato da contadini e braccianti. Infatti l’intero Palazzone viene bruciato, gli animali della stalla venduti, la famiglia Zalambani messa in miseria. È amaro dirlo, ma non va sottaciuto che tutto questo è successo grazie anche a informatori ben documentati e prezzolati.

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