È passato poco più di un mese dalla caduta del Duce, arrestato il 25 luglio del 1943. In seguito alle numerose sconfitte militari dell’esercito italiano, al malcontento che dilaga nel Paese e alle preoccupazioni che assillano sia la corte dei Savoia che i gerarchi fascisti, il dittatore è stato deposto. Si è giunti così agli inizi di settembre con un governo provvisorio guidato dal maresciallo Pietro Badoglio che, di fatto, non ha migliorato la situazione. Tutto sembra immobile.
Ma in realtà molte cose si stanno muovendo. La Germania, forse prevedendo gli esiti della deposizione di Mussolini, inizia a spedire svariate divisioni armate nella penisola. Gli antifascisti italiani, vedendo una fioca luce di speranza, cominciano a gettare le basi per la battaglia contro la ventennale oppressione fascista, dando vita alle bande partigiane e ai Comitati di Liberazione Nazionale. Intanto i diplomatici italiani prendono contatto con gli Alleati che hanno completato la liberazione della Sicilia.
L’8 settembre il maresciallo Badoglio annuncia via radio che lo Stato italiano e le truppe anglo-americane non sono più in guerra tra loro. L’armistizio in realtà è stato firmato già da cinque giorni, ma il re e il governo hanno preso tempo per ottenere altre garanzie dagli Alleati e per allontanarsi dalla capitale.
Appresa la notizia dell’armistizio il popolo italiano si riversa in piazza, tra manifestazioni e urli di gioia. Sembra la fine della guerra, ma non è così. A Ravenna, come in altre città d’Italia, gli antifascisti sono già in moto, si riuniscono, raccolgono armi e preparano piani di guerriglia. Fra di loro ci sono soprattutto comunisti, socialisti e repubblicani, le forze politiche generalmente più forti in Romagna, ma con il tempo si aggiungono anche anarchici, cattolici e azionisti. Tutti vogliono dare il proprio contributo alla Resistenza.
L’8 settembre finisce l’era dell’Italia fascista e inizia la triste storia dell’Italia divisa in due dalla sanguinosa guerra per la Liberazione. È una delle pagine più nere del nostro Paese, ma anche un’occasione di riscatto che non può essere persa. È il momento di combattere per conquistare la libertà senza aspettare che siano gli eserciti alleati a concederla, per cacciare via il più velocemente possibile i nazifascisti e il loro regime di terrore, per partecipare alla ricostruzione dello Stato italiano.