25 luglio: i moti

I ravennati quando sentono alla radio che Mussolini è stato arrestato e Dimissioni di MussoliniBadoglio è il nuovo Primo Ministro, pensano che il Fascismo sia finito.Non trattengono l’entusiasmo e scendono in strada, hanno voglia di fare quello che per anni è stato vietato: discutere, dire la propria opinione.

I fascisti sono spaventati e scappano fuori provincia o si rifugiano presso parenti, quelli che sanno essere colpevoli di violenze temono la vendetta della folla. A Ravenna (come a Faenza, Lugo, Russi, Alfonsine, Cervia) i partiti decidono di uscire dalla clandestinità e, dove ne hanno la forza, organizzano riunioni e mobilitano le piazze. Nasce (tra il 25 e il 30 luglio) il Comitato d’azione antifascista che è espressione del popolo più democratico ed evoluto socialmente, chiede la fine della guerra con l’immediata cacciata dei tedeschi; si contrappone a Badoglio e al Re che, nell’intento di recuperare prestigio alla Corona, dichiarano, invece, che la guerra continua!

Il Comitato organizza, o solamente segue, a seconda delle diverse realtà, la gente che attacca i simboli della dittatura. Le Case del Fascio sono violate e in istrada finiscono i quadri e i busti di Mussolini, e poi effigi, gagliardetti, schedari. Nessuno porta più l’obbligatorio distintivo fascista all’occhiello, chiamato con scherno popolare “La cimice.

Grandi protagonisti sono i ragazzi non ancora in età da soldato che hanno timore della chiamata alle armi, e le donne che hanno figli e mariti in guerra e sperano in un loro veloce ritorno. Il senso della realtà la danno i leader politici, sono loro a far intendere che l’agitazione non dev’essere un fuoco di paglia, ma attende a qualche cosa di nuovo per tutti attraverso un chiaro disegno sociale alternativo.

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