All’alba della guerra civile spagnola, il leader di Giustizia e Libertà, nonché esponente degli antifascisti italiani in Francia, Carlo Rosselli, lancia un messaggio importante: «la rivoluzione spagnola è la nostra rivoluzione».
Tanti militanti italiani, di ispirazione comunista, socialista, anarchica o giellista accorrono in Spagna agli inizi del conflitto per difendere la Repubblica dal colpo di stato fascista, ma le adesioni inizialmente hanno solo carattere individuale e sono svincolate da decisioni di vertice dei partiti politici. Nel luglio 1936 gli esponenti di Pcd’I, Psiup, anarchici e socialisti massimalisti si incontrano per organizzare una spedizione in soccorso della causa repubblicana, ma manca un accordo sull’azione da intraprendere. A metà dell’agosto 1936 si forma una prima colonna della quale fanno parte membri di diversa estrazione politica. Poco dopo il gruppo (circa 200 uomini) giunge nella penisola iberica, ricevendo il battesimo del fuoco il 28 agosto nella battaglia di Monte Pelato.
Da inizio settembre comincia anche la formazione delle Brigate Internazionali. Sono un esercito di volontari, provenienti da circa 60 nazioni diverse e da tutti i continenti. Questi uomini attraversano i confini, solcano i mari e rischiano la propria vita per combattere a fianco degli spagnoli fedeli alla Repubblica. L’organizzazione di questi gruppi è fortemente supportata dall’Urss che, seppur non entrando ufficialmente in guerra, cerca di sostenere i repubblicani di Spagna in tutti i modi.
Alla fine di ottobre si compie un passo importante: i partiti antifascisti italiani si accordano per inviare in Spagna una seconda colonna. Da questo patto nasce il Battaglione Garibaldi, una formazione inserita nelle Brigate Internazionali. A comporlo ci sono oltre 500 elementi, espressione di tutte le fedi politiche contrarie al fascismo. Il Garibaldi viene inserito nella XII brigata (insieme a due legioni, una franco-belga e l’altra tedesco-slava), comandata dal generale ungherese Lukacz e coadiuvata dal commissario politico Luigi Longo. Entra in azione sul fronte di Madrid il 13 novembre 1936 nella battaglia di Cerro de los Angeles. Nel corso della guerra nuovi volontari entrano nel battaglione colmando le perdite subite nei vari scontri. Gli uomini di Longo ottengono grandi vittorie, come quella di Guadalajara (8-24 marzo 1937) durante la quale si scontrano con il contingente fascista inviato da Mussolini.
Nel corso del 1938 il numero dei volontari stranieri diminuisce sensibilmente e a settembre si inizia a pensare allo smembramento delle Brigate Internazionali. Le forze franchiste sono preponderanti e la partita sembra ormai persa. Il 15 novembre 1938, dopo una commovente cerimonia a Barcellona, gran parte dei volontari lascia la Spagna.
Pochi mesi dopo, il 28 marzo 1939, il generale Franco entra a Madrid chiudendo, di fatto, la guerra civile spagnola e dando inizio alla sua lunga dittatura.
Le Brigate Internazionali hanno coinvolto, in oltre due anni di battaglie, circa 60mila volontari, tra cui 4000 italiani. La guerra di Spagna rappresenta per gli antifascisti italiani una tappa fondamentale di una lunga battaglia, iniziata contro lo squadrismo negli anni ’20 e conclusa con la liberazione dell’Italia nel 1945. Infatti, molti dei volontari italiani saranno tra i membri più attivi e capaci della Resistenza.
A lottare in Spagna ci sono 29 uomini originari della provincia ravennate. Tra loro c’è Eugenio Argelli che cade in battaglia a Sierra Cabals il 6 settembre 1938. Vincenzo Prelati viene ferito e scopre di avere la Tbc, così ripara in Francia dove si arruola nell’esercito; alcuni anni dopo viene fatto prigioniero durante l’invasione nazista e tornerà libero solo nel 1945. Va peggio a Rino Graziani, rimasto invalido dopo essere stato ferito a gamba e braccio: esce dalla Spagna nel 1939 e viene internato prima in Francia e poi in Germania. Muore il 7 maggio 1941 tra le mura di Mathausen. Luigi Amadei compie un viaggio avventuroso per raggiungere la Spagna: arriva in barca fino alla Corsica, evitando i controlli del regime, poi giunge in Francia e scavalca i Pirenei. E poi c’è Aristido Valentini che combatte fino al 28 aprile del 1938; sei anni più tardi sarà nelle file del distaccamento partigiano Terzo Lori. Come lui, anche Aldo Sintoni usa l’esperienza spagnola per fronteggiare il fascismo in Italia. Patriota coraggioso, muore per le ferite riportate in uno scontro armato. In Spagna c’è anche Pietro Nenni, nato a Faenza e futuro dirigente del Psi, padre della nostra Repubblica. Scriverà nel 1955: «Senza democrazia e senza libertà tutto si avvilisce, tutto si corrompe».
Uomini e donne di tutto il mondo danno il cuore e la vita per la Spagna. L’esperienza delle Brigate Internazionali non va considerata una sconfitta militare. Era forse una battaglia impossibile, persa in partenza per lo squilibrio di forze, ma quell’ardore, quel coraggio dimostrati nell’affrontare il nazifascismo rappresentano l’inizio della futura Resistenza europea. La guerra civile spagnola è, anche in questo frangente, anticipatrice del secondo conflitto mondiale.